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Giu
Mentre il Consiglio Agricoltura dell’UE non è riuscito, ancora una volta, a dirimere le controversie sulla proposta di Regolamento per la produzione biologica, adottata 3 anni fa dalla Commissione UE, i dati dell’ultimo Rapporto curato dal CREA sottolineano la rilevante importanza del settore per il nostro Paese, avvalorando la posizione assunta dall’Italia di voler armonizzare i limiti delle sostanze autorizzate e di mantenere il principio della coltivazione su suolo per il biologico, contro l’interesse di altri Paesi ad introdurvi le pratiche di serra in vasconi staccati dal terreno.
Il Consiglio UE dei Ministri dell’Agricoltura del 12 giugno 2017 si è concluso senza che si sia raggiunto un accordo di compromesso (general approach) sulla proposta di Regolamento per produzione biologica della Commissione UE, presentata a marzo 2014. I due punti più controversi riguardano i limiti delle sostanze non autorizzate ovvero i residui accidentali di pesticidi e la limitazione dei “demarcated beds” ovvero delle pratiche di coltivazione in serra di vasconi staccati da terreno.
Per superare l’impasse, il Commissario UE all’Agricoltura Phil Hogan ha proposto di stralciare dal Dossier, ma ha avuto il favorevole appoggio di pochi Paesi (Germania, Irlanda e Paesi Bassi), mentre tutti gli altri hanno chiesto di proseguire con la strategia indicata dalla Presidenza maltese con incontri bilaterali, stesura del testo e richiesta di mandato a negoziare, anche se il tempo sta per scadere con la fine del semestre di Presidenza di turno di Malta.
“Siamo disponibili a continuare a discutere per cercare di finalizzare il dossier biologico a patto che vengano risolte le principali criticità nazionali – ha dichiarato il viceMinistro all’Agricoltura Andrea Olivero – La non armonizzazione delle soglie sui pesticidi, quando in Italia è già prevista una soglia nazionale, non rappresenta la migliore soluzione“. Riguardo alle serre, Olivero ha sottolineato che è necessario difendere i principi del biologico, tra cui quello della coltivazione su suolo.
“Il settore del biologico è per il nostro Paese di rilevante importanza – ha sottolineato il viceMinistro – per tale ragione la nostra attenzione è e continuerà ad essere molto alta su questo dossier“.
Che l’agricoltura biologica nel nostro Paese mostri sempre più una maggiore dinamicità rispetto al passato, lo si rileva anche la recente “Bioreport 2016” la pubblicazione che analizza, a partire dal 2011, l’evoluzione dell’agricoltura biologica italiana.
Il Rapporto, curato dal CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e realizzato con il contributo del FEASR (Fondo Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale) nell’ambito delle attività previste dal Programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020, oltre a fornire i dati sulla domanda nazionale e sulla superficie biologica e in conversione, compie anche un’analisi di quello che andrebbe fatto per dare una spinta decisiva al settore, come il miglioramento delle politiche che mirano a dare maggiori risorse al settore biologico.
“Si evidenzia la necessità di dare un maggiore impulso alle attività previste nel Piano strategico nazionale – vi si legge – anche in considerazione dell’impegno che Stato e Regioni si sono assunti nel conseguire entro il 2020 gli obiettivi di aumentare del 50% la SAU biologica rispetto a quella del 2014 e del 30% il valore del fatturato delle vendite in Italia e all’estero“.
Secondo BIOREPORT 2016, ci sono segnali di stabilità che emergono dalla conduzione delle aziende bio, confermando un aumento della redditività, ancora una volta più elevata rispetto a quella delle aziende convenzionali. Risultati ottenuti grazie al minor impiego di mezzi tecnici e a una propensione maggiore a diversificare le fonti di reddito aziendali, a fronte di una minore produttività della terra e del lavoro.
Con specifico riguardo ai costi correnti, viene segnalata la crescita del consumo di fertilizzanti e fitofarmaci ammessi in agricoltura biologica, anche se purtroppo non ne è noto l’effettivo impiego nelle aziende biologiche, dato che tali prodotti vengono utilizzati ugualmente nel convenzionale.
Alla crescita della domanda nazionale, ormai in aumento da 11 anni consecutivi e in linea con quanto si verifica in diversi Paesi del mondo, si è aggiunta quella piuttosto sostenuta dell’offerta, essendo sensibilmente aumentata la superficie biologica in conversione rispetto al 2014, per raggiungere un milione e mezzo circa di ettari (il 12% della SAU totale).
Un cambiamento inedito ha riguardato anche la geografia del biologico italiano: i dati 2015 relativi agli operatori del settore evidenziano un nuovo equilibrio riguardo alla distribuzioneterritoriale degli operatori, con i trasformatori prima dislocati soprattutto al Centro-nord e ora concentrati nelle regioni meridionali e insulari, tradizionalmente area di polarizzazione dei produttori biologici.
In questa edizione di Bioreport, l’approfondimento si è concentrato su due argomenti di particolare rilievo per il settore.
Il primo riguarda la sostenibilità ambientale dell’agricoltura biologica, affrontato sia attraverso il calcolo di alcuni indicatori fondati sui dati dell’ultima indagine sulle strutture agrarie dell’ISTAT (2013), sia esplorando le possibili relazioni tra agricoltura biologica e approccio agroecologico, così da mettere a fuoco una delle frontiere su cui si sta incentrando il dibattitto, soprattutto a livello internazionale, sulla direzione che lo sviluppo del settore potrebbe intraprendere nel futuro.
Altro tema di grande interesse riguarda l’associazionismo. L’analisi dei dati disponibili dimostra il ridotto numero di GDO che trattano prodotti biologici, anche se la situazione si presenta differenziata: di fianco a realtà molto dinamiche, specializzate nel biologico, in espansione e con vendite a livello sia locale/nazionale sia all’estero, sono presenti organizzazioni miste, meno orientate al biologico, anche per la forte concorrenza della produzione integrata, su cui alcune realtà associative hanno maggiormente investito.
Veneto e Stati Uniti, invece, sono i casi studio regionale e internazionale considerati. Sebbene contraddistinti da una ridotta incidenza della SAU biologica su quella totale, evidenziano alcuni caratteri interessanti.
Il Veneto si distingue fra le regioni italiane per la prevalente localizzazione della superficie biologica in pianura, zona dove tipicamente l’intensità dell’agricoltura è maggiore e dove il metodo biologico potrebbe contribuire a contrastarne gli impatti negativi.
Gli Stati Uniti si caratterizzano, invece, per una continua crescita della domanda nonché degli scambi con l’estero, tanto da rappresentare, nel 2014, il maggior esportatore di prodotti biologici al mondo, primato fino al 2013 detenuto dall’Italia.
Si ringrazia della fonte: Regioni&Ambiente rivista ambientale.
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